L’Industria 4.0 ha come obiettivo la realizzazione di una produzione ‘appena in tempo’, che consente di produrre solo ciò che è stato già venduto o che si prevede di vendere in tempi brevi.
Questa filosofia si basa su una politica di gestione delle scorte a ripristino che utilizza metodologie tese a migliorare il processo produttivo, cercando di ottimizzare non tanto la produzione, quanto le fasi a monte, di alleggerire al massimo le scorte di materie prime e di lavorati necessari alla produzione. In pratica si tratta di coordinare i tempi di effettiva necessità dei materiali sulla linea produttiva con la loro acquisizione e disponibilità nel segmento del ciclo produttivo e nel momento in cui debbono essere utilizzati. Questa filosofia vuole evitare sprechi di risorse economiche con l’idea che più il progetto sia corto nalla somma dei processi di progettazione e produzione, più l’inustria coi suoi prodotti e servizi sia vincente.
E’ proprio in questio scenario che i robot e l’intelligenza artificiale possono esprimere le loro potenzialità e la loro forza.
Tutti i macchinari saranno interconnessi tra loro e provvederanno in autonomia alla propria autodiagnosi e manutenzione, grazie alla IoT entro il 2020 i meccanismi automatizzati supereranno gli umani in velocità, capacità e qualità.
Nella fabbrica 4.0 la flessibilità della Supply Chain consentirà addirittura di personalizzare i prodotti finali, adattandoli alle esigenze di ogni singolo cliente.
I robot lavoreranno fianco a fianco con l’uomo e da questi impareranno.
Grazie alle tecnologie 3D, realtà virtuale e aumentata, i progetti saranno dapprima riprodotti in laboratorio, sperimentati, migliorati e poi messi in produzione.
Le strutture produttive saranno in grado di approvvigionarsi di energia al prezzo più vantaggioso e senza eccessi di fornitura, sprechi o dispersioni.
Nell’immediato futuro avremo Supply Chain più efficienti con automazione industriale e big data, purché agiscano in sinergia.
Ad oggi la maggior parte delle aziende utilizza solamente l’1% dei dati disponibili, dai quali invece potrebbero ricavare vantaggi enormi a partire dal machine learning, cioè da macchine che imparano a produrre in base alla richiesta.
Le fonti sono i big data, gli open data, Internet of things, machine to machine e cloud computing che pervengono di continuo grazie all’interconnessione e in quantità ciclopiche.
Questi dati vanno però interpretati, studiati, archiviati; il vettore competente è il settore Analytics, che svolge il ruolo fondamentale di ricavarne un valore analizzandoli e introducendo i relativi input all’interno della Supply Chain, rendendola più performante, ottimizzandone i processi produttivi (ICP).
Sono appunto le competenze e le tecnologie di Analytics a trasformare i dati grezzi in informazioni di valore per i decision maker aziendali: è oggi possibile ottenere vantaggio competitivo grazie a decisioni tempestive e più informate, non solo per le organizzazioni più grandi ma anche per le piccole e medie imprese. Il che non è un dettaglio. Parlare di Big Data non vuol dire parlare soltanto di grandi moli di dati, la trasformazione in atto è più profonda. Cambia il processo di raccolta e gestione dei dati, si evolvono le tecnologie a supporto del ciclo di vita del dato e si sviluppano nuove competenze per la valorizzazione del dato (tratteremo a lungo la centralità della figura del Data Scientist).
Dai dati in possesso all’Osservatorio Big Data & Business Analytics nel 2019 risulta un aumento di interesse da parte delle piccole-medie imprese al tema, il 62% analizza i dati o ha portato avanti investimenti sul tema.
Iperautomazione, connessione e data entry costante saranno i requisiti che la fabbrica del futuro dovrà possedere, in mancanza dei quali non reggerebbe il confronto con realtà in tal merito strutturate.